Emilio Messina, uno dei soci fondatori del primo Hackspace italiano, mi accoglie in un ambiente intimo, in cui sin da subito l’atmosfera che si respira è energica, stimolante, ma al tempo stesso “sicura”, familiare. Un piccolo appartamento al piano terra di Via Grotte Bianche (Catania), con un piano superiore ed un laboratorio pieno di attrezzi che sembrano rubati ad un vecchio artigiano, ma il mio interesse è subito catturato dal videogame cabinato all’angolo, appena oltre l’ingresso, memoria di un periodo anni ’80 che le menti giovani ed intraprendenti dell’associazione sono stati in grado di riportare in vita. Emilio mi mostra con orgoglio le sue creazioni e il primo a stupirmi è un joystic nuovo di zecca, realizzato interamente nelle sue parti grazie a quello che a lui piace definire “artigianato tecnologico”: ha l’aspetto vintage di un originale, ma le sue funzionalità sono esattamente compatibili con qualsiasi consolle di nuova generazione. Mi parla di Hackspace e dei suoi membri come di una community ormai nutrita, contro ogni aspettativa in un ambiente che sembra offrire pochi stimoli all’innovazione.
Ma cos’è Hackspace? “Hackspace fa parte di un circuito mondiale. Lo si potrebbe definire un format, ma si tratta sostanzialmente di un laboratorio digitale, un posto in cui chiunque può associarsi ed usufruire delle macchine e degli strumenti che offriamo, o più semplicemente partecipare agli eventi che si svolgono all’interno di questi luoghi. Si parla di tutto ciò che ruota attorno alla stampa 3D, alla prototipazione, alla realizzazione di oggetti fisici per usi che possono essere elettronici e meccanici, ma anche tutto ciò che ruota attorno al digitale, quindi non solo alla manifattura in senso stretto (motori engine per fare videogiochi, modellazione 3D, ecc). Insomma, un luogo in cui dare sfogo alla propria passione per la tecnologia, per la scienza, per l’ingegneria, per il design e per il nerdismo vero e proprio (si pensi alla retrotecnologia).”
Ora le mie idee sembrano essere un po’ più chiare, ma lui tiene a specificare che il termine “Hack”, in questo caso non assume nessuna connotazione negativa: “Il termine ci è stato prestato, per indicare il nostro modo di affrontare la sfida tecnologica: rielaborare è la parola d’ordine”. Grazie ad Hackspace, mi dice, anche chi non è in grado di fare qualcosa può riuscire ad imparare e in fin dei conti so di avere di fronte una mente capace e interessata anche ad altri aspetti culturali (quando conobbi Emilio lo feci all’interno di una discoteca, era il Vj per la serata e reggeva un cocktail in mano come adesso stringe orgogliosamente l’ultimo modellino 3D della sua stupefacente stampante – creata da zero da un membro dell’associazione).
Ormai totalmente rapita dalla novità con cui mi trovo ad avere a che fare, la mia curiosità verte sugli albori del progetto e lui non esita un istante a raccontarmi di come la lampadina dell’idea gli si fosse illuminata circa un anno e mezzo fa “A Catania, negli anni ’90, esisteva una cosa bellissima che era il Freaknet Medialab. Certo, mancavano alcune delle strumentazioni che siamo riusciti ad ottenere noi, era qualcosa di molto più orientato al freesoftweare (mi cita Linux), poi ha cessato di avere una sede fisica e noi, che frequentavamo il posto, iniziavamo a sentirne la mancanza. Negli ultimi anni ho fatto un viaggio a Londra e ho scoperto l’Hackspace più grande d’Europa, di cui mi sono subito innamorato. Ho chiamato i miei attuali collaboratori e gli ho detto <svuotiamo casa nostra dalla roba tecnologica e condividiamola! Perchè lasciare che prenda polvere su un tavolo?> E così è nato HackSpace.”.
Da come me ne parla lui, sembra una cosa semplice, quasi naturale, quella di prendere un’ idea, farla propria ed avere il coraggio, ma anche la capacità di portarla su un piano pratico. Mi parla del futuro con modestia ed entusiasmo, anche se questo non gli impedisce di puntare in alto “Stiamo continuando a fare dei workshop su tematiche diverse, dalla stampante 3D, su arduino, sul game engine, ma cambiamo ogni mese, ci teniamo al passo, esploriamo e cerchiamo di sostenere al meglio anche le spese – che non sono poche – per l’organizzazione. Riusciamo ad attirare davvero l’interesse di tutti, dal bambino di 13 anni, al professore curioso in cerca nuove esperienze. Il nostro obiettivo adesso è crescere, cambiare sede perchè qui iniziamo a stare un po’ stretti. Abbiamo anche espanso il direttivo. C’è in programma un grosso evento per i primi di Agosto, dedicato al retrogaming (una mostra del videogame storico funzionante, con attorno un videomapping e una performance live elettronica di un certo tipo, con un tocco di tecnologia e di nerding in più!”. Oltre questo pare abbiano in programma degli eventi di respiro ampio e l’idea di portare Hackspace nei paesi etnei.
A questo punto, non posso fare a meno di chiedere se essere l’unica realtà Hackspace in Italia gli abbia creato dei problemi, constatando che spesso il Paese in cui viviamo non incoraggia affatto le intuizioni, specie se di questo tipo. Emilio mi guida lungo il sentiero intricato delle sue aspettative e dei suoi sogni:“Sicuramente non è facile farsi spazio se non hai alle spalle una bella community come la nostra, ma ciò che di più di ogni altra cosa speriamo di ottenere è un luogo d’aggregazione dedicato ai cittadini in cui ognuno può usufruire di queste nuove forme di sviluppo tecnologico, con dei macchinari e delle attrezzature pubbliche, dedicata a tutti, come una grande biblioteca. Noi lo facciamo già, in modo filantropico abbiamo investito ciò che avevamo, ma ci siamo dovuti impegnare in prima persona – non puntiamo al guadagno, ma al benessere della gente che frequenta il nostro laboratorio. Vogliamo che si diverta, che impari qualcosa! “
In fine, mi sembra d’obbligo comprenderne la chiave del successo, per mirare in alto e costruire un futuro magari migliore, per i giovani come noi che spesso si ritrovano a brancolare nel buio con le mani legate dietro la schiena e con molte poche opportunità di fronte: “E’ importante documentarsi bene su quello che si vuole fare perchè le idee brillanti non sono forti se non sono realistiche, puntare al lato pratico è la base. L’italia è un paese di sognatori e nonostante la crisi questo posto è nato anche per combattere la fuga di cervelli, perchè è un peccato vedere come menti brillanti, scoraggiate, decidano di fare le valigie e cambiare aria. Noi siamo riusciti a creare un microclima favorevole, si lavora in team e ci si scambia idee senza nessun tipo di competizione negativa. Puntiamo all’accoglienza e a far sentire a proprio agio, ad incoraggiare le idee giuste”.
Mi lascia con una frase, che per me dovrebbe essere lo specchio di una generazione che non è immobile difronte ad uno schermo, che sa fare, che si sa impegnare e sa mettere in moto il cervello: “Per me un’idea è iniziare a muoversi e farlo! Se hai un’idea la devi fare, non aspettare una spinta dall’esterno. Io mi sono rimboccato le maniche, ho avuto questa ispirazione, questa voglia di mettermi in gioco perchè si smettesse di dire che in questa città non c’è mai niente da fare”.
In altre parole, combatti! Hai in mano il potere di cambiare il mondo.
Per ulteriori informazioni contatta: www.hackspacecatania.it
http://www.tochio.it/2015/07/11/hackspace-catania-e-lazione-che-fa-la-differenza/#